Convegno su “Relazioni di aiuto e di sostegno alle vittime di violenza sessuale e domestica”
Una spessa coltre di silenzio accompagna la solitudine di tante donne vittime di violenza che spesso sfocia in #femminicidio. Nel giorno del proclamato minuto ministeriale di silenzio, il folto pubblico presente nella ex distilleria di Pirri ha distillato sessanta secondi di rumore creativo.
Molto rumore per nulla?
No! Un flash mob, di disobbedienza civile. Per rompere il silenzio e la solitudine. Tornano in mente frasi dell’opera shakespeariana riferite alla protagonista Hero. Lasciamola sola, che muoia…… lei, lei, ahimè, che è caduta in un pozzo d’inchiostro, e tutto il mare non ha acqua che basti a lavarla.
Frasi attualizzate, per rompere il silenzio, dalle belle poesie di Rupi Kaur.
Come salvare le potenziali vittime di femminicidio?
A rompere il silenzio sono state le voci di Arlen, Maria Laura, Elisa, Rita, Barbara, Sarah, Susanna, Cristina, Giulia, Rosanna, Laura e Francesca. A rompere il silenzio sono state le voci, in podcast, di “donne al timone”.
Tanti spunti di riflessione che ci inducono a pensare che l’unica cosa per la quale il verbo salvare sia opportuno è la possibilità stessa di fare: prevenzione, arte, cultura e vita che sia. Prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Prevenzione che va indirizzata prioritariamente sugli aggressori e autori dei reati, che neanche l’inasprimento delle pene riescono a far regredire. Prevenzione che significa capacità di riconoscere comportamenti e atteggiamenti premonitori di violenza nei vari contesti.
Per rompere la solitudine talvolta sono sufficienti piccoli segnali distintivi di vicinanza al dolore e al lutto. Un pezzo di tessuto, un broccato raffigurante un fiore reciso. In un oggetto piccolo, un bottone che concentra il mistero della soglia tra la vita e la morte. Tra il salvare e il fare.